Avevo un Kindle un secolo fa. Poi, per scappare da un sistema blindato, sono passato a Kobo.
Di solito scelgo sempre i modelli più economici, ma la differenza di qualità si vedeva subito: il Kindle era robusto, mentre il Kobo sembrava un giocattolo. E non è che costasse poi così meno.
Detto questo, ero contento di poter leggere epub invece dei formati proprietari. Anche il software non era male: per esempio, potevi impostare la copertina del libro come screensaver. Piccola cosa, ma fa piacere fosse solo per distinguerlo da quello di tua moglie.
I limiti del Kobo
Qui iniziano le note dolenti.
- Fragilità: la scocca è delicata e la plastica scivolosa.
- Crash: ogni tanto si pianta e va riavviato
- Batteria: non ti avvisa in tempo. Quando compare l’avviso, o lo metti subito in carica o smetti di leggere.
- Formato proprietario: sì, accetta epub, ma preferisce il suo kepub.
- Grandezza font: ogni libro ha dimensioni di carattere diverse.
- Dizionario: le voci del dizionario sono microscopiche (non proprio il massimo per chi non ha più vent’anni) e, paradossalmente, il dizionario ti da più info su sé stesso che sul lemma.
- Note ridicole: quando apri una nota, compare un titolo enorme “anteprima della nota a piè di pagina”, mentre la nota è minuscola.
- Ora assente: non puoi mostrare l’orologio in alto o in basso.
Insomma, il software è potente, ma l’interfaccia sembra progettata da gente poco attenta all’esperienza utente.
Il nuovo Kobo
Il vecchio ha tirato le cuoia, quindi ne ho preso uno nuovo. È impermeabile, il che non guasta.
Ma c’è una cosa che proprio non digerisco: devi per forza iscriverti ai loro servizi per usarlo. Ma stiamo scherzando? Ti ho già pagato abbastanza. Se vuoi che mi iscriva, pagami tu.
| Sulla confezione è scritto l'obbligo di account, in caratteri minuscoli. |
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